01 novembre, 2015

Si apre con “Don Giovanni” di Mozart la Stagione Lirica a Trieste. Misura, attenzione, delicatezza nel nuovo allestimento del Teatro Verdi. Di Paola Pini


Trieste, Teatro Verdi. Dal 30 ottobre all’8 novembre 2015

Foto Fabio Parenzan
“Una creazione dello spirito, ecco cos’è!” Così Johann Wolfgang von Goethe definì nel 1831 il “Don Giovanni”, contestando chi la considerava semplicemente una “composizione”. Opera assoluta, resa possibile grazie alla grandissima abilità di Lorenzo Da Ponte nel sapersi adattare al pensiero di Wolfgang Amadeus Mozart, è andata in scena a Trieste il 30 ottobre, aprendo la stagione lirica del Teatro Verdi. La musica assieme al testo dicono già tutto; la regia di questo nuovo allestimento, affidata al brasiliano Allex Aguilera al suo debutto in Italia, ha saputo tenerne conto evi si è avvicinata con delicatezza, partendo dalle fonti ad essa precedenti. Il mito di Don Giovanni, che continua ad essere ben presente anche oggi, ha potuto così essere liberato da quello che era stato detto o scritto nei decenni e secoli successivi alla prima esecuzione assoluta, avvenuta a Praga il 29 ottobre 1787, per ritornare allo spirito che ne aveva determinato la realizzazione.
Operazione non semplice, resa possibile anche grazie alle luci di Claudio Schmid, ai costumi di William Orlandi e alla scenografia “metafisica” di Philippine Ordinaire, per la prima volta in Italia, che ricordando le piazze di Giorgio De Chirico o di Carlo Sbisà, ha permesso una contestualizzazione atemporale di un’opera il cui protagonista, più che un carattere in senso tradizionale risulta essere un principio di energia che porta disordine, incapace di provare passione, ma soltanto sensazioni, un “amorale assoluto”, totalmente indifferente alle norme etiche che regolano la convivenza civile, che concluderà la propria esistenza, positiva e negativa al tempo stesso, nel segno della coerenza; sempre presente nello sviluppo della trama anche quando manca dalla scena, intorno alui tutti gli altri personaggi si incontrano e possono restare legati soltanto finché vi si trovano in relazione; elemento questo messo in rilievo primariamente dalla musica che enfatizza le peculiarità individuali, soprattutto nelle scene d’assieme, nelle quali ognuno si esprime secondo la propria natura, classe o censo.
La morte è qui presente fin dall’inizio, a partire dall’Ouverture a sipario alzato, in cui i mimi si muovono apparentemente a ritroso. Le statue, presenti in scena per tutto il tempo, sorprenderanno il pubblico alla fine dello spettacolo.
Foto Fabio Parenzan
Maestro concertatore e Direttore è Gianluigi Gelmetti, che aveva concluso un mese fa la Stagione Sinfonica con le due ultime sinfonie del Salisburghese, quella in sol minore e la Jupiter, di pochissimo posteriori al “Don Giovanni”, favorendo così un avvicinamento estetico progressivo, un entrare a poco a poco nello spirito di una creazione che continuerà sempre a nutrire le nostre anime.
Foto Fabio Parenzan
I due cast, ben equilibrati sia fra loro che al loro interno, mostrano una notevole capacità nel riconoscere, da parte della FondazioneTeatro Lirico Giuseppe Verdi, le caratteristiche dei singoli cantanti e di trovare la giusta alchimia che permetta al pubblico di godere dello spettacolo ad ogni replica, come i numerosi applausi a scena aperta tributati ad entrambi i gruppi hanno dimostrato.L’orchestra, in buca e in scena, ha saputo ben seguire Gelmetti e buoni sono stati pure gli interventi del coro, preparato da Alberto Macrì.
I sopratitoli bilingui in italiano ed inglese sono una bella iniziativa, anch’essi in linea con un’attenzione non di facciata nei confronti degli spettatori.
In un mondo come il nostro in cui tutto deve essere urlato perché possa essere preso in considerazione, la misura è decisamente in controtendenza, con il rischio di non essere percepita. Ne abbiamo invece un gran bisogno. Ben venga quindi una messinscena preparata con cura, considerando con intelligenza ogni singolo aspetto, di un’opera lirica eterna alla quale, a maggior ragione, deve essere reso il giusto omaggio.

Paola Pini



DON GIOVANNI (Il dissoluto punito, o sia Il Don Giovanni)
Dramma giocoso in due atti KV 527 su libretto di Lorenzo Da Ponte
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart

Direttore Gianluigi Gelmetti 
Regia Allex Aguilera
Scene PhilippineOrdinaire
Costumi William Orlandi
Luci Claudio Schmid

NUOVO ALLESTIMENTO DELLA FONDAZIONE TEATRO LIRICO "GIUSEPPE VERDI DI TRIESTE"
Orchestra e coro della Fondazione Teatro Lirico “Giuseppe Verdi di Trieste”

Personaggi ed interpreti


Don Giovanni (baritono)

Nicola Ulivieri (30/10 - 4,5,7/11)
giovane cavaliere estremamente licenzioso
Mattia Olivieri (31/10 - 8/11)



Il Commendatore (basso)

Andrea Comelli



Donna Anna (soprano)

Raquel Lojendio (30,31/10 - 4,7/11)
sua figlia, dama promessa sposa di
Marie Fajtová (5,8/11)



Don Ottavio (tenore)

Luis Gomes (30/10 - 4,7/11)


Marco Ciaponi (31/10 - 5,8/11)



Donna Elvira (soprano)

Raffaella Lupinacci (30/10 - 4,7/11)
dama di Burgos, abbandonata da Don Giovanni
AnushHovhannisyan (31/10 - 5,8/11)



Leporello (basso)

Carlo Lepore (30/10 - 4,7/11)
servo di Don Giovanni

Fabrizio Beggi (31/10 - 5,8/11)



Masetto (basso)

Gianpiero Ruggeri (30/10 - 4,7/11)
amante di

Enrico Marrucci (31/10 - 5,8/11)



Zerlina (soprano)

Diletta Rizzo Marin (30/10 - 4,7/11)
Contadina

Ilaria Zanetti (31/10 - 5,8/11)



Contadini e contadine, servi, coro di sotterra. Suonatori.



La scena si finge in una città della Spagna.

3 commenti:

  1. Fantastico! Ero alla prima e ho visto solo meraviglie. Una messa in scena di cui non è più visto in teatri europei, tutto fatto musicalmente, con eleganza e mai fuori contesto. Grazie al regista che è riuscito a mostrare un Don Giovanni in tutto il suo splendore. Non c'è bisogno di più. Complimenti alla nuova gestione del teatro per ripristinare l'opera come dovrebbe essere. Basta con tale volgarità che ultimamente solo spaventare il pubblico.
    Grazie anche ai cantanti, il coro e l'orchestra.
    Speriamo che questo sia il caso degli altri spettacoli. Bravi da vero.

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