Cortona, Cinema Signorelli. Lunedì 9 novembre
2015
Daniel Craig ha annunciato, in termini
piuttosto coloriti (eufemismo: vedere rassegne stampa…), che quella in Spectre sarà la sua ultima apparizione
nei panni di James Bond. Preso atto di ciò, aggiungo subito che il commiato
avrebbe meritato una cerimonia migliore. Certo, sarebbe esagerato, utilizzando
la terminologia militaresca, parlare di “congedo con disonore” poiché, in
fondo, l’attore non ha particolari responsabilità sull’esito artistico di Spectre, nel quale sfoggia il suo solito
bondismo algido e asciutto, di stampo
“realista”, pienamente in linea con gli altri tre episodi di 007 da lui interpretati (Casino Royale, Quantum of solace e Skyfall).
No, più che Craig, a non convincere è il film nel suo complesso, che segna un
netto passo indietro rispetto al precedente Skyfall.
Duelli corpo a corpo, catastrofici inseguimenti, incontri galanti, trasferimenti
ai quattro angoli del globo (in questo caso Messico, Italia, Austria, Marocco e,
ovviamente, Regno Unito), intrighi, colpi di scena… i soliti ingredienti,
insomma, ma mescolati con molta meno abilità rispetto a quella con cui Bond si
prepara i suoi drink: la storia è
labirintica e poco coinvolgente, la sceneggiatura è macchinosa, la vera suspense latita, e mancano elementi innovativi
che rinfreschino l’interminabile saga dell’agente segreto più famoso del mondo
(tutt’altro che originale, ad esempio, lo scontro tra la “vecchia scuola” e il
nuovo che avanza).
Direi che, anziché a un “Martini”, Spectre assomigli di più a un’insipida minestra riscaldata… Un
risultato alquanto deludente, considerando che in questo nuovo atto dell’eterna lotta tra il Bene,
rappresentato dal Regno di Sua Maestà, e il Male, le cui ragioni sono difese
dall’immarcescibile e tentacolare Spectre (celebrata per l’occasione, prima
volta in assoluto in 007, con il proprio
nome nel titolo del film), c’è la firma “pesante” del regista di Skyfall (e, non dimentichiamolo, di American Beauty) Sam Mendes. Trovate
come l’acrobatica scena sull’elicottero “sparata” in apertura, o la breve
vacanza romana di Bond, allietato per l’occasione da “donna Lucia” Monica
Bellucci (una delle bond girls meno
incisive di sempre), non sono certo sufficienti per assegnare un giudizio
positivo a Spectre, specie se si confronta
il film con gli 007 migliori (penso ai
primi, cioè quelli con Sean Connery, ma anche al più –relativamente- recente Goldeneye o al già citato Skyfall). E non giova nemmeno l’ennesimo
ripescaggio, un po’ a sorpresa, dello storico antagonista di Bond, Ernst Stavro
Blofeld, complice la fiacca interpretazione di un Christoph Waltz fuori parte.
Molto meglio Ralph Fiennes nei panni di “M”, ma si tratta, davvero, di una
delle poche note positive del film. Piuttosto debole, infine, il tentativo di
esplorazione del lato introspettivo di Bond attraverso la rievocazione dei suoi
passati tormenti familiari. L’unica vera notizia arriva alla fine ed è, udite
udite, la volontaria rinuncia di Bond al servizio -con annesso eloquente getto
della pistola- per motivi d’amore: un abile espediente narrativo per umanizzare
lo 007 quasi cyborg di Craig e giustificare in maniera plausibile l’uscita di
scena dell’attore come protagonista di 007.
Chi sarà il successore? Boh! Chi vivrà, vedrà, sempre che Craig non abbia fatto
proprio l’immortale motto di Califano:“NON ESCLUDO IL RITORNO”…
Francesco
Vignaroli
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