Un’attrice è alle
prese con le prove e la tournée teatrale in Sicilia, finché non si rende conto
che la sua stanchezza cronica deriva da qualcosa di più grave, scopre di avere
un tumore e inevitabilmente la sua quotidianità si trasforma, inizia a viverla
come fosse rinchiusa dentro una campana di vetro. Questa è, in sintesi, la
vicenda che ha portato alla creazione di “Il ritratto della salute”, un
monologo autobiografico che ripercorre le tappe della storia di malata e curata
di Chiara Stoppa: l’inaspettata scoperta del linfoma di Hodgkin all’età di
ventisei anni, la chemioterapia ossia “i mesi del buio e della luce”, le cure
inefficaci, il primo crollo emotivo e la paura di non farcela, la psicoterapia,
fino ad arrivare alla completa guarigione. Scritto a quattro mani dall’attrice
friulana insieme a Mattia Fabris, suo amico e collega dell’ATIR Teatro
Ringhiera di Milano che ha curato anche la regia, lo spettacolo è frutto di
un’urgenza intrinseca di cui il teatro dovrebbe sempre nutrirsi.
La scelta di raccontarsi nasce dalla volontà della Stoppa di rispondere a se stessa e a tutte quelle persone che nel corso degli anni le hanno chiesto come ha fatto a salvarsi e come è riuscita ad affrontare la sua tragedia. Forse non è corretto parlare di lotta per la sopravvivenza, perché di fronte al pensiero della morte non possiamo giudicare una persona più o meno coraggiosa, ma la forza psicologica e l’ironia sono sicuramente venute in soccorso a questa donna che ha deciso di esorcizzare il suo male mettendolo e mettendosi in scena. Una storia tanto più personale quanto più universale che, tra una risata e l’altra, fa piangere di commozione e fa capire che la malattia non dovrebbe essere un tabù di cui vergognarsi. Mercoledì 2 dicembre è stato il Teatro Virginian di Arezzo, in collaborazione con il CALCIT, a ospitare Chiara Stoppa: secondo appuntamento di una stagione teatrale, “L’isola che c’è”, che andrà avanti fino a maggio. Il 20 gennaio, in particolare, andrà in scena “Cock” con la regia di Silvio Peroni e con Sara Putignano, Jacopo Venturiero, Enrico Di Troia e Fabrizio Falco, rivelazione quest’ultimo del Festival di cinema di Venezia 2012 e premio Ubu 2015 come migliore attore under 35 per la sua interpretazione in “Lehman Trilogy” di Luca Ronconi. La drammaturgia di Mike Bartlett affronta il conflitto interiore di un giovane di trent’anni che, in crisi con la propria identità sessuale, si trova di fronte a una scelta di vita radicale: da una parte una vita agiata e sicura con il suo compagno dieci anni più grande di lui, dall’altra l’idea di creare una famiglia con una donna separata di cui si è invaghito. Tutto gira attorno all’indecisione paralizzante del protagonista più che alla sua bisessualità, tematica tanto scottante quanto attuale che fa solo da sfondo alla trama.
La scelta di raccontarsi nasce dalla volontà della Stoppa di rispondere a se stessa e a tutte quelle persone che nel corso degli anni le hanno chiesto come ha fatto a salvarsi e come è riuscita ad affrontare la sua tragedia. Forse non è corretto parlare di lotta per la sopravvivenza, perché di fronte al pensiero della morte non possiamo giudicare una persona più o meno coraggiosa, ma la forza psicologica e l’ironia sono sicuramente venute in soccorso a questa donna che ha deciso di esorcizzare il suo male mettendolo e mettendosi in scena. Una storia tanto più personale quanto più universale che, tra una risata e l’altra, fa piangere di commozione e fa capire che la malattia non dovrebbe essere un tabù di cui vergognarsi. Mercoledì 2 dicembre è stato il Teatro Virginian di Arezzo, in collaborazione con il CALCIT, a ospitare Chiara Stoppa: secondo appuntamento di una stagione teatrale, “L’isola che c’è”, che andrà avanti fino a maggio. Il 20 gennaio, in particolare, andrà in scena “Cock” con la regia di Silvio Peroni e con Sara Putignano, Jacopo Venturiero, Enrico Di Troia e Fabrizio Falco, rivelazione quest’ultimo del Festival di cinema di Venezia 2012 e premio Ubu 2015 come migliore attore under 35 per la sua interpretazione in “Lehman Trilogy” di Luca Ronconi. La drammaturgia di Mike Bartlett affronta il conflitto interiore di un giovane di trent’anni che, in crisi con la propria identità sessuale, si trova di fronte a una scelta di vita radicale: da una parte una vita agiata e sicura con il suo compagno dieci anni più grande di lui, dall’altra l’idea di creare una famiglia con una donna separata di cui si è invaghito. Tutto gira attorno all’indecisione paralizzante del protagonista più che alla sua bisessualità, tematica tanto scottante quanto attuale che fa solo da sfondo alla trama.
Sara Bonci
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