Teatro Franco Parenti, Milano.
Domenica 13 dicembre 2015
Domenica 13 dicembre
2015 il Teatro Franco Parenti era più che mai, più che altrove, un’ officina
vulcanica dove il fuoco dell’arte, della cultura e delle idee scoppiettava in ogni sala, compreso il foyer.
Oltre agli spettacoli teatrali in corso: “Il
lavoro di vivere” di Hanoch Levin e “Il malato immaginario” di Molière entrambi
con la regia di Andrée Ruth Shammah, e “Mephisto” diretto da Luca Micheletti e
incentrato sulla carriera di Gustaf Gründgens, le altre sale erano occupate dai
vincitori del “Premio Testori. Sodalizi nell’arte”. Titolo dedicato alla
natura curiosa, eccentrica, originale, molteplice di Testori, critico d'arte, drammaturgo,
scrittore, sempre pronto ad afferrare l’ispirazione più forte e più innovativa.
E di cui ricordiamo sempre l’incontro
fortuito e fortunato con Franco Parenti e Andrée Ruth Shammah. Perché quando
menti di tale portata si mettono insieme, non possono che nascere grandi cose.
Come questo teatro, come questo premio.
I 7 giovani under 35,
selezionati tra un’ottantina di candidati, hanno avuto la possibilità di
esporre al pubblico, nel tempo di una mezz’ora, i lavori per cui sono stati
premiati. Una categoria del premio è per le Arti figurative: un premio
destinato a un testo di critica d’arte (saggio storico artistico, saggio di
critica d’arte con apertura narrativa, progetto di una mostra, serie di
cartelle con schede e tavole riferite all’opera di un artista) e un premio per
una tesi di laurea o di dottorato in storia dell’arte. L'altra, per la
Letteratura: un premio destinato a un testo letterario in lingua italiana o in
dialetto (racconto, romanzo, componimento poetico, saggio di critica
letteraria, sceneggiatura cinematografica, copione teatrale, libretto d'opera,
traduzione, senza preclusione di generi come era l’officina di Testori); un
premio destinato a una tesi di laurea o di dottorato in letteratura italiana.
Il
Premio Testori è sostenuto dalla Regione Lombardia e dalla Fondazione Cariplo,
ed è patrocinato dalle istituzioni che hanno segnato la carriera milanese di
Testori: Piccolo Teatro di Milano, Teatro Franco Parenti, Fondazione Corriere
della Sera, Pinacoteca di Brera, Casa Editrice Giangiacomo Feltrinelli.
Vorrei qui menzionarli tutti, i vincitori, perché
con estremo interesse li ho ascoltati parlare,
con passione e cognizione di causa, da Gadda alla pittura del seicento napoletano, da
Giorgione a Leonardo, dalla pittura nella Valli dell’Adda tra il XV e XVII
secolo, dal Conte Ugolino al collezionista Giuseppe Sigismondo.
Fanfani Giulia :
Carlo Emilio-Enrico Gadda. Lettere 1906-1918.
Ferrari Sarah: Le
ragioni culturali del dipingere moderno: paesaggi, ritratto e allegoria a
Venezia negli anni del Giorgione.
Fogliazza Michele:
Ugolino ovvero la disavventura del giovane conte.
Forgione Gianluca :
Il complesso dei Girolamini. Artisti e
committenti nella Napoli del ‘600.
Mara Silvio: Giuseppe
Sigismondo, Ala Ponzone e Agostino Gerli.
Mazzotta Antonio:
Vita di Leonardo, 1452-1472. L’infanzia e l’apprendistato con Verrocchio: il
battesimo di Cristo.
Romeri Massimo: La
pittura nelle valli dell’Adda e del Mera tra XV
e XVII secolo. La dispersione del patrimonio e la formazione del
concetto di periferia.
Li cito perché ne
sentiremo parlare ancora di questi giovani promettenti, sperando che si rechino
all’estero non perché obbligati ma per portare e diffondere la nostra arte e la
nostra cultura, così ancora sconosciute e misteriose, e sfortunatamente, molto
spesso, anche bistrattate e violentate.
Mai più!
Dopo le esposizioni
individuali, abbiamo assistito alle premiazioni, ci ha raggiunto anche Andrée
Ruth Shammah, con la lettura delle motivazioni, e l’assegnazione dei premi in
denaro e poi tutti a riposo, davanti ad un piatto di polenta calda con il
gorgonzola. Il calore era palpabile, come in una vecchia cucina di campagna,
con il fuoco che scoppiettava, dentro e intorno a noi. Mancavano solo gli
zoccoli ai piedi...
Alle 21 ci siamo
seduti in sala grande per il gran finale dedicato a Giovanni Testori e affidato
all’interpretazione di Fabrizio Gifuni del primo capitolo del “Il Dio di
Roserio”, scritto nel 1954.
Che dire di questo
testo che riunisce in sé poesia, filosofia, pittura, letteratura, carnalità,
nello spazio del racconto di una corsa ciclistica destinata a diventare una
gara esistenziale tra due uomini, simbolo di tutta l’umanità? Una storia di
apripista e di leader, di chi si sacrifica, di chi è destinato ad essere
schiacciato, di chi vince sporco e di di chi non vince mai, di chi lascia agli
altri lo scettro, per generosità, per mancanza di coraggio, per lealtà, di chi
tradisce e di chi è tradito, di chi vive e di chi sopravvive. Gifuni si cala nel testo con sofferenza e
masochismo, corre con la bicicletta su e giù per strade e viottoli, sudando,
bestemmiando, implorando, sacrificandosi, affondando la faccia nella polvere,
mangiando merda, storcendo la bocca, mettendosi a posto le mutandine,
masticando limoni, sentendo la forza del vento e del sole, mentre il lago come
uno specchio riflette la sua immagine testoriana, deformata dal lancio di un
sasso. E poi il buio.
Ce ne fossero di
domeniche così!
Daria
D.
Gran finale del Premio
Giovanni Testori
Fabrizio Gifuni legge “Il
Dio di Roserio”
premiazione dei vincitori
delle sezioni Arti figurative
e Letteratura e
l’evento-spettacolo dedicato al testo
che ha segnato gli esordi
dello scrittore
Nessun commento:
Posta un commento