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16 dicembre, 2015

Gran finale del Premio Giovanni Testori. Di Daria D.


Teatro Franco Parenti, Milano. Domenica 13 dicembre 2015

Domenica 13 dicembre 2015 il Teatro Franco Parenti era più che mai, più che altrove, un’ officina vulcanica dove il fuoco dell’arte, della cultura e delle idee scoppiettava  in ogni sala, compreso il foyer.
Oltre agli spettacoli teatrali in corso: “Il lavoro di vivere” di Hanoch Levin e “Il malato immaginario” di Molière entrambi con la regia di Andrée Ruth Shammah, e “Mephisto” diretto da Luca Micheletti e incentrato sulla carriera di Gustaf Gründgens, le altre sale erano occupate dai vincitori del “Premio Testori. Sodalizi nell’arte”.  Titolo dedicato  alla  natura curiosa, eccentrica, originale, molteplice  di Testori, critico d'arte, drammaturgo, scrittore, sempre pronto ad afferrare l’ispirazione più forte e più innovativa. E di cui ricordiamo sempre  l’incontro fortuito e fortunato con Franco Parenti e Andrée Ruth Shammah. Perché quando menti di tale portata si mettono insieme, non possono che nascere grandi cose. Come questo teatro, come questo premio.
I 7 giovani under 35, selezionati tra un’ottantina di candidati, hanno avuto la possibilità di esporre al pubblico, nel tempo di una mezz’ora, i lavori per cui sono stati premiati. Una categoria del premio è per le Arti figurative: un premio destinato a un testo di critica d’arte (saggio storico artistico, saggio di critica d’arte con apertura narrativa, progetto di una mostra, serie di cartelle con schede e tavole riferite all’opera di un artista) e un premio per una tesi di laurea o di dottorato in storia dell’arte. L'altra, per la Letteratura: un premio destinato a un testo letterario in lingua italiana o in dialetto (racconto, romanzo, componimento poetico, saggio di critica letteraria, sceneggiatura cinematografica, copione teatrale, libretto d'opera, traduzione, senza preclusione di generi come era l’officina di Testori); un premio destinato a una tesi di laurea o di dottorato in letteratura italiana.
Il Premio Testori è sostenuto dalla Regione Lombardia e dalla Fondazione Cariplo, ed è patrocinato dalle istituzioni che hanno segnato la carriera milanese di Testori: Piccolo Teatro di Milano, Teatro Franco Parenti, Fondazione Corriere della Sera, Pinacoteca di Brera, Casa Editrice Giangiacomo Feltrinelli.

Vorrei  qui menzionarli tutti, i vincitori, perché con estremo interesse li ho ascoltati parlare,  con passione e cognizione di causa, da Gadda  alla pittura del seicento napoletano, da Giorgione a Leonardo, dalla pittura nella Valli dell’Adda tra il XV e XVII secolo, dal Conte Ugolino al collezionista Giuseppe Sigismondo.

Fanfani Giulia : Carlo Emilio-Enrico Gadda. Lettere 1906-1918.
Ferrari Sarah: Le ragioni culturali del dipingere moderno: paesaggi, ritratto e allegoria a Venezia negli anni del Giorgione.
Fogliazza Michele: Ugolino ovvero la disavventura del giovane conte.
Forgione Gianluca : Il complesso dei Girolamini. Artisti  e committenti nella Napoli del ‘600.
Mara Silvio: Giuseppe Sigismondo, Ala Ponzone e Agostino Gerli.
Mazzotta Antonio: Vita di Leonardo, 1452-1472. L’infanzia e l’apprendistato con Verrocchio: il battesimo di Cristo.
Romeri Massimo: La pittura nelle valli dell’Adda e del Mera tra XV  e XVII secolo. La dispersione del patrimonio e la formazione del concetto di periferia.
Li cito perché ne sentiremo parlare ancora di questi giovani promettenti, sperando che si rechino all’estero non perché obbligati ma per portare e diffondere la nostra arte e la nostra cultura, così ancora sconosciute e misteriose, e sfortunatamente, molto spesso, anche  bistrattate e violentate. Mai più!
Dopo le esposizioni individuali, abbiamo assistito alle premiazioni, ci ha raggiunto anche Andrée Ruth Shammah, con la lettura delle motivazioni, e l’assegnazione dei premi in denaro e poi tutti a riposo, davanti ad un piatto di polenta calda con il gorgonzola. Il calore era palpabile, come in una vecchia cucina di campagna, con il fuoco che scoppiettava, dentro e intorno a noi. Mancavano solo gli zoccoli ai piedi...
Alle 21 ci siamo seduti in sala grande per il gran finale dedicato a Giovanni Testori e affidato all’interpretazione di Fabrizio Gifuni del primo capitolo del “Il Dio di Roserio”, scritto nel 1954.
Che dire di questo testo che riunisce in sé poesia, filosofia, pittura, letteratura, carnalità, nello spazio del racconto di una corsa ciclistica destinata a diventare una gara esistenziale tra due uomini, simbolo di tutta l’umanità? Una storia di apripista e di leader, di chi si sacrifica, di chi è destinato ad essere schiacciato, di chi vince sporco e di di chi non vince mai, di chi lascia agli altri lo scettro, per generosità, per mancanza di coraggio, per lealtà, di chi tradisce e di chi è tradito, di chi vive e di chi sopravvive. Gifuni si cala nel testo con sofferenza e masochismo, corre con la bicicletta su e giù per strade e viottoli, sudando, bestemmiando, implorando, sacrificandosi, affondando la faccia nella polvere, mangiando merda, storcendo la bocca, mettendosi a posto le mutandine, masticando limoni, sentendo la forza del vento e del sole, mentre il lago come uno specchio riflette la sua immagine testoriana, deformata dal lancio di un sasso. E poi il buio.
Ce ne fossero di domeniche così!

Daria D.


Gran finale del Premio Giovanni Testori
Fabrizio Gifuni legge “Il Dio di Roserio”
premiazione dei vincitori delle sezioni Arti figurative
e Letteratura e l’evento-spettacolo dedicato al testo

che ha segnato gli esordi dello scrittore

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