Teatro Verga, Catania. Dal 9
al 23 dicembre 2015
Dopo il successo ottenuto in
giro per l’Italia arriva anche a Catania, la nuova produzione del Teatro
Stabile catanese e del Teatro Stabile dell’Umbria, “La pazza della porta
accanto”. Il testo che porta la firma di Claudio Fava è un omaggio alla
poetessa milanese Alda Merini negli anni più sofferti della sua malattia. Un
lungo percorso che ha inizio nel 1965 e si conclude nel 1972. E’ appena
trentaseienne Alda, quando il marito in seguito ad una crisi la fa internare
presso l’istituto Paolo Pini di Milano. Lo chiamano istituto ma è un manicomio,
una prigione per il corpo e per la mente dalla quale Alda tenta di evadere
attraverso l’amore.
Una testimonianza toccante non soltanto della vita della poetessa dei Navigli ma anche un’attenta analisi sulla vita nei manicomi e delle condizioni in cui versavano i malati prima della legge Basaglia. Tutto il testo è colmo di poesia, non soltanto per i rimandi alle liriche della Merini ma per la straordinaria capacità di affrontare la durezza del tema con parole soffici che riscaldano quando vengono pronunciate e che riescono ad assorbirti fin nelle ossa. Fava ha costruito un testo ben concepito e di chiara fruizione per lo spettatore, in grado di supportare il grande lavoro tecnico degli attori. E qui, con grande scoperta, osserviamo l’inappuntabile e meticoloso lavoro del regista Alessandro Gassman, autore anche dell’ingegnosa scenografia insieme ad Alessandro Chiti. L’idea di Gassman nasce dall’esigenza di «riprodurre la claustrofobia di un reparto psichiatrico che mi permettesse di interagire con la visionaria immaginazione della nostra protagonista». La sua idea si concretizza lasciando il palcoscenico nudo, senza quinte, e con una scenografia realizzata da due grandi pareti che si muovono nello spazio creando diversi ambienti; al centro delle pareti due porte a spinta che danno un effetto di dinamicità e movimento.
Una testimonianza toccante non soltanto della vita della poetessa dei Navigli ma anche un’attenta analisi sulla vita nei manicomi e delle condizioni in cui versavano i malati prima della legge Basaglia. Tutto il testo è colmo di poesia, non soltanto per i rimandi alle liriche della Merini ma per la straordinaria capacità di affrontare la durezza del tema con parole soffici che riscaldano quando vengono pronunciate e che riescono ad assorbirti fin nelle ossa. Fava ha costruito un testo ben concepito e di chiara fruizione per lo spettatore, in grado di supportare il grande lavoro tecnico degli attori. E qui, con grande scoperta, osserviamo l’inappuntabile e meticoloso lavoro del regista Alessandro Gassman, autore anche dell’ingegnosa scenografia insieme ad Alessandro Chiti. L’idea di Gassman nasce dall’esigenza di «riprodurre la claustrofobia di un reparto psichiatrico che mi permettesse di interagire con la visionaria immaginazione della nostra protagonista». La sua idea si concretizza lasciando il palcoscenico nudo, senza quinte, e con una scenografia realizzata da due grandi pareti che si muovono nello spazio creando diversi ambienti; al centro delle pareti due porte a spinta che danno un effetto di dinamicità e movimento.
La scelta di non rompere la quarta parete, mantenendo
per tutto lo spettacolo un velatino, lascia lo spettatore esterno al racconto e
inoltrepermette di sfruttare quest’ipotetica parete per proiettare illusioni,
le meravigliose videografie di Marco Schiavoni. Naturalmente il tutto è corredato
dal disegno luci di Marco Palmieri e da un tappeto musicale degno di nota
firmato da Pivio&Aldo De Scalzi in grado di creare le giuste suggestioni.
La dicotomia dentro/fuori viene continuamente sottolineata, anche attraverso i
costumi realizzati da Mariano Tufano. Loro, “i sani”, indossano indumenti ordinari,
come quando Alda arriva in istituto, ma dal momento in cui si varca quella
porta si perde ogni cosa, non soltanto gli abiti, le impronte, i nomi di
battesimo ma anche la dignità, anche la ragione. E allora tutti indossano uniformi
gialle, declinate in varie sfumature,quasi a ricordare le margherite nelle quali il bianco mattutino lascia
spazio a “quel giallo che esce fuori di notte”.
Come si può rimanere uomini
e donne tra puzza di piscio e vomito, quando le giornate vengono scandite dalla
triste toletta dell’alba, dai bagni gelati e dall’elettroshock? Dove ogni cosa
è vietata: fumare, sognare, immaginare di voler uscire o addirittura pensare di
innamorarsi. Eppure il modo in cui vengono tratteggiati i personaggi è più
umano di quanto si possa sperare. Un toccante Angelo Tosto veste i panni del
Dottor G., uno psichiatra che tenta a suo modo, con l’unico protocollo che
conosce, di guarire i pazienti che ha in cura. Capisce che Alda è speciale, non
a caso è l’unica a mantenere il suo nome, e colpito dalla bellezza dei versi
della poetessa le regala una macchina da scrivere, in modo che
nell’abbrutimento continui a coltivare il suo dono. Anna Foglietta, giovane e
bella attrice, è una talentuosissima Alda Merini.E’ un ruolo complesso quello
che è chiamata a vestire, sotto vari punti di vista: psicologico, fisico,
emotivo che ha alle spalle un grande lavoro introspettivo e che realmente esce
con tutta la sua prorompente forza. Indimenticabili i monologhi in una sorta di
trans in cui si può vedere la Merini,
quando sotto un filo di luce racconta il suo dolore. La Foglietta insieme a Liborio
Natali, un eccezionale Pierre, ci regalano un sentimento che sarebbe
impensabile ma che esplode con potenzatra le mura aride dell’istituto. E’
toccante la scena dell’amplesso tra i due, quando anche gli altri pazienti si
abbracciano in un girotondo d’amore. Nello spettacolo ogni attore si spoglia
delle proprie fragilità per indossare la malattia del suo personaggio con
consapevolezza e impegno. E’ così che
ogni interprete si distingue anche nella coralità.Alessandra Costanzo, mette a
servizio della sua Elle una grande sapienza recitativa, Sabrina Knaflitz dipinge a tinte forti un’irascibileninfomane
Zeta e un’eccezionale Olga Rossi nutre di angosce una tormentata caposala.
Senza dimenticare la bravura di Cecilia Di Giuli, Enne; Stefania Ugomari Di
Blas, Erre; Giorgia Boscarino, Emme e Gaia Lo Vecchio nelle vesti
dell’infermiera.
Raggiunto l’acme del pathos, la tensione si scioglie, il velo
si squarcia, i cancelli si aprono e nonostante il manicomio sia come una catena che ti porti dietro, della quale non
riesci a disfarti, puoi tornare ad assaporare la libertà, come un
palloncino verde che spicca il volo mitigando il dolore.
Laura
Cavallaro
Teatro
Verga,
Catania, dal 9 al 23 dicembre 2015. La pazza della porta accantodi Claudio Fava
regia Alessandro Gassmann, ideazione scenica Alessandro Gassmann
con la collaborazione di Alessandro Chiti
costumi Mariano Tufano
musiche originali Pivio& Aldo De Scalzi
disegno luci Marco Palmiericon Anna Foglietta, Angelo Tosto, Alessandra Costanzo, Sabrina Knaflitz, Liborio Natali, Olga Rossi, Cecilia Di Giuli, Stefania Ugomari Di Blas, Giorgia Boscarino, Gaia Lo Vecchioproduzione Teatro Stabile di Catania, Teatro Stabile dell’Umbria
regia Alessandro Gassmann, ideazione scenica Alessandro Gassmann
con la collaborazione di Alessandro Chiti
costumi Mariano Tufano
musiche originali Pivio& Aldo De Scalzi
disegno luci Marco Palmiericon Anna Foglietta, Angelo Tosto, Alessandra Costanzo, Sabrina Knaflitz, Liborio Natali, Olga Rossi, Cecilia Di Giuli, Stefania Ugomari Di Blas, Giorgia Boscarino, Gaia Lo Vecchioproduzione Teatro Stabile di Catania, Teatro Stabile dell’Umbria
bellissima recensione
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