Teatro dell’Opera, Roma.
Giovedì 10 dicembre 2015
Quest’anno Il Teatro
dell’Opera ha fatto una scelta coraggiosa, ospitando l’opera “The Bassarids”,
scritta tra il 1965 e 1966 dal compositore tedesco Hans Werner Henze. Si tratta
di un allestimento che vede la regia di Mario Martone, con la direzione
musicale di Stefan Soltesz. L’argomento è ripreso da “Le Baccanti” di Euripide
e per la trama dettagliata mi permetto di citare interamente quella proposta
dal programma dell’Opera di Roma:
Primo
movimento – Dopo l’abdicazione del vecchio re Cadmo a favore di suo nipote
Penteo, il coro acclama il nuovo sovrano di Tebe; una voce annuncia allora
l’arrivo in Beozia di Dioniso e il coro si prepara ad andare sul Citerone a
festeggiarlo. I protagonisti della
tragedia, Penteo escluso, discutono sulla natura divina di Dioniso nato da Zeus
e da Semele: Agave ed Autonoe la negano mentre Cadmo è perplesso e Tiresia è
propenso ad ammetterla; il capitano della guardia, un bell’uomo attraente per
le due donne ma insensibile al loro fascino, legge un decreto di Penteo che
proibisce il culto di Dioniso. Arriva allora Penteo che col suo mantello spegne
la fiamma che brucia sulla tomba di Semele e ribadisce il suo ordine. Agave ed
Autonoe approvano ma quando sentono la voce del dio, se ne vanno verso il monte
Citerone.
Secondo
movimento – Cadmo, pieno di cautela verso il nuovo dio, è esterrefatto quando
sente Penteo ordinare al capitano di arrestare quanti si trovano sul Citerone;
il re confessa a Beroe che ha scelto un sistema di vita austero, senza vino e
senza carne, e per giunta casto. Nella sala d’udienza del palazzo, il capitano
arriva con i prigionieri del Citerone fra i quali figurano Agave, Autonoe,
Tiresia ed uno Straniero. Penteo condanna al supplizio alcuni prigionieri,
tenta di strappare Agave, sua madre, al suo delirio dionisiaco, poi la fa
rinchiudere con Autonoe e ordina la distruzione della casa di Tiresia; benché
Beroe l’abbia avvertito che lo Straniero è Dioniso, Penteo tratta rudemente quest’ultimo,
che canta la vendetta di Dioniso a Nasso.
Terzo
movimento – Esasperato, Penteo vuol mandare lo Straniero al supplizio quando si
producono fenomeni straordinari: la terra trema, i muri crollano, si riaccende
la tomba di Semele e i prigionieri evadono misteriosamente e fuggono verso il
monte Citerone. Lo Straniero propone allora a Penteo di guidarlo verso il
Citerone, ma prima il re chiede a Beroe lo specchio di sua madre. Lo
Straniero-Dioniso convince Penteo a travestirsi da donna per andare tranquillamente
a spiare le Menadi sul posto del loro culto. Affascinato, Penteo ubbidisce
mentre Cadmo è disperato. Nella foresta del monte Citerone, le Bassaridi
cantano la gloria di Dioniso. Tuttavia, una voce informa che un uomo è nascosto
per spiarle e che le Menadi (fra le quali si trova Agave) devono inseguirlo;
infatti, lo trovano, lo uccidono e lo smembrano.
Quarto
movimento – Le Menadi si fanno avanti; Agave si dice fiera di aver ucciso un
leoncino; Cadmo le chiede di guardare attentamente di chi è la testa portata da
Agave; lei prende allora coscienza di aver ucciso suo figlio in un delirio
dionisiaco. Arriva Dioniso, ordina che sia incendiata la reggia e condanna
all’esilio la famiglia reale. Agave gli ricorda amaramente che anche lui
scenderà un giorno nel Tartaro. Indi il dio chiama Semele sua madre per farla
salire all’Olimpo; infine, ingiunge ai tebani di adorarlo ciecamente.
È tutto volutamente distorto
per questa messa in scena di un’opera che mette in relazione il mondo divino
con quello umano. Distorto è il grande specchio sullo sfondo, che amplia lo
spazio scenico, mostrando le azioni dei personaggi da un altro punto di vista,
facendolo in modo opaco e non lineare. Il tutto è circondato da un’atmosfera
misteriosa e mistica, dove predominano il nero e il rosso intenso – certo, il
tema della morte incombe costantemente. Una distorsione avviene anche per i
costumi, dove esiste un contrasto tra quelli degli umani (divise militari,
abiti eleganti da sera) stile anni ’30, con quelli invece perfettamente di
stampo mitologico di Dioniso e delle Baccanti, semi, a volte interamente, nude.
Si crea quindi un vero e proprio dualismo tra un gruppo corale (umano),
attaccato alle convenzioni e agli abiti sociali e un altro che invece non ha
bisogno di convenzioni, ma solo di una festosa esistenza naturale per sentirsi
appagato.
Le scene sono
perlopiù d’insieme e le voci dei protagonisti si perdono all’interno dei gruppi
corali. Voci, anche queste volutamente distorte – dove la lingua inglese, coi
suoi accenti duri, aiuta di certo in questo intento – che si uniscono
perfettamente a una musica di Henze particolare, sofisticata, poliritmica, a
volte cacofonica e disarmonica, costante dall’inizio alla fine e che ci fa
entrare in maniera ipnotica all’interno della vicenda, lasciandoci in tensione
dall’inizio alla fine.
Un allestimento
perfettamente riuscito quello di Mario Martone, arricchito dalle scene di
Sergio Tramonti e dai costumi di Ursula Patzak, elementi di cui abbiamo già
parlato in precedenza, e dall’ottima mano orchestrale del Maestro Soltesz, che
si trova davanti a una partitura non semplice, piena di complesse e variegate
ritmie che vanno maneggiate con cura, per dare infine luogo a un insieme
unitario. Il Maestro riesce a creare questo insieme e ci fa navigare dal punto
di partenza a quello di arrivo su acque fluide senza ostacoli, non
interrompendo mai quella tensione quasi wagneriana che si viene a creare.
Ottima anche la prova
dei cantanti, che si trovano davanti a un metodo vocale completamente diverso
da quello di un’opera lirica canonica. Il canto, come detto, è distorto e si fa
fondamentale l’impronta espressiva e teatrale. Tutte eccellenti in questo senso
le prove dei protagonisti della scena, da quella dell’istrionico Dioniso Ladislav
Elgr a quella dell’arrogante Penteo Russell Braun; da quella del saggio Cadmo Mark
S. Doss (al quale forse do lo scettro per la migliore interpretazione, per l’emotività
trasmessa), a quella di Tiresia, interpretato da Erin Caves. Grande prova anche
di Veronica Simeoni, nei panni di Agave, che stupisce soprattutto nella
dolorosa scena dell’uccisione di Penteo, dove ella pensa di tenere tra le mani
la testa di un cucciolo di Leone, quando invece ha quella del figlio.
Stefano
Duranti Poccetti
The Bassarids
Musica di Hans Werner Henze
Opera seria in un atto
Libretto di W.H. Auden e
Chester Kallman
da Le Baccanti di Euripide
Durata: 2 ore e 20 minuti
DIRETTORE Stefan Soltesz
REGIA Mario Martone
MAESTRO DEL CORO Roberto
Gabbiani
SCENE Sergio Tramonti
COSTUMI Ursula Patzak
MOVIMENTI COREOGRAFICI
Raffaella Giordano
LUCI Pasquale Mari
INTERPRETI PRINCIPALI
DIONYSUS Ladislav Elgr
PENTHEUS Russell Braun
CADMUS Mark S. Doss
TIRESIAS Erin Caves
CAPITANO DELLA GUARDIA REALE
Andrew Schroeder
AGAVE Veronica Simeoni
AUTONOE Sara Hershkowitz
BEROE Sara Fulgoni
Orchestra e Coro del Teatro
dell’Opera
Nuovo allestimento Prima rappresentazione a Roma
In lingua originale con
sovratitoli in italiano e inglese
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