Arezzo,
Auditorium Arezzo Fiere e Congressi. Mercoledì 27 gennaio 2016
Dopo l’acclamatissima doppia
esibizione (12 e 24 gennaio scorsi) di Stefano Bollani, l’Associazione Amici
della Musica Arezzo ha proseguito la stagione concertistica 2015/2016 portando
sul palco dell’Auditorium Arezzo Fiere e Congressi altri due grandi nomi: il
trombettista Paolo Fresu, uomo di punta del jazz
italiano, e Daniele Di Bonaventura, virtuoso del bandoneon, strumento “fratello” della fisarmonica.
Comunemente, quando sentiamo parlare
di bandoneon ci viene spontaneo
pensare al tango argentino e all’uomo che ha reso celebre questo genere in
tutto il mondo: l’indimenticato Astor Piazzolla, indiscusso genio musicale del
secolo scorso. In realtà, prima di diventare lo strumento principe di una
musica che nell’America del sud d’inizio ‘900 significava perdizione (a quei
tempi il tango veniva suonato solo nelle bettole e nei bordelli), il bandoneon è stato soprattutto uno strumento
sacro; in Germania, dov’è nato, veniva infatti utilizzato come “organo dei
poveri” per accompagnare panegirici e processioni religiose. In seguito, il
misterioso approdo dall’altra parte del mondo (non sappiamo di preciso come e
quando ciò sia accaduto) ha segnato il passaggio del bandoneon dal sacro al profano, un evento decisivo per la
successiva affermazione del tango come genere musicale fondamentale.
Questo è, in sintesi, ciò che Paolo
Fresu ha spiegato al pubblico per introdurre il suo nuovo progetto In maggiore, realizzato in
collaborazione con Daniele Di Bonaventura. L’idea alla base del disco, e dei
concerti a esso legati, è quella di mostrare tutta la versatilità e la
ricchezza espressiva del bandoneon con
una proposta musicale volta a recuperarne la dimensione sacrale e a mostrarne gli
aspetti inediti, andando oltre i consueti territori del tango. Una
dichiarazione d’intenti precisa, che gli artisti hanno voluto fare all’inizio
della serata aretina per sgombrare il campo da ogni possibile equivoco: non un
concerto di tango, bensì un concerto intorno
al tango, non limitato alla musica dell’America latina ma esteso a tutti i
generi, senza limiti geografici di sorta. Il tutto, ovviamente, rielaborato in
chiave jazz grazie all’inconfondibile
“voce” del trombettista sardo.
La scaletta della serata, in buona
parte tratta dal disco In maggiore,
ha rispecchiato pienamente i propositi dei due musicisti, con un’unica, piccola
deroga tanguera rappresentata dal
classico El choclo. Per il resto, una
scelta di brani a dir poco caleidoscopica, che ha tenuto conto tanto del Sud
America (O que sera’ di Chico Buarque,
ma anche un pezzo dall’Uruguay), quanto dell’Europa “classica” (il Minuetto in sol minore di Bach e Quando men vo dalla Bohème di Puccini); spazio anche per una bella versione di Non ti scordar di me, per una ninna
nanna bretone e per alcune composizioni dei due musicisti, tra cui Da capo cadenza, che ha aperto il
concerto, e la meravigliosa Calmo –un
dolcissimo e ipnotico lento d’atmosfera, come da titolo- di Fresu, forse il
momento più emozionante dell’intera serata, impreziosito da una suggestiva
trovata ad effetto: il trombettista, uscendo dalla porta posteriore, ha lasciato
la ribalta e il compito di cominciare il brano al compagno, per riapparire poi –suonando-
in platea, in mezzo al pubblico, e riavvicinarsi al palco piano piano, seguendo
il placido incedere della musica.
Bis che, oltre al già
citato omaggio a Bach (un saggio da manuale sull’espressività sacrale del Bandoneon), ha portato i due musicisti
nuovamente in territorio sudamericano, con una sentita versione di Te recuerdo amanda, storica canzone del poeta e cantautore cileno Victor Jara.
Un concerto splendido, che ha proposto
al pubblico due musicisti in stato di grazia e in perfetta sintonia tra loro.
Davvero incantevoli gli intrecci tra la tromba di Fresu -in alcuni momenti
“speziata” da effetti elettronici- e il bandoneon
di Di Bonaventura, capaci di disegnare morbidi paesaggi sonori “FATTI DELLA STESSA MATERIA DI CUI SONO
FATTI I SOGNI”…
Francesco
Vignaroli
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