Milano, Teatro Franco Parenti. 13 - 24
gennaio 2016
Una storia di suicidi
amatoriali, un quasi dramma, una quasi commedia, un quasi racconto psicologico, insomma un Quasi, come del resto è tutto quello che voleva essere e fare Jack,
Francesco Brandi, un quasi pittore, un quasi scrittore... che
apre la scena, sotto la neve, alle prese con una catena da montare, e che
naturalmente arriverà quasi a
mettere, se non fosse che la presenza improvvisa di Paul, Francesco Sferrazza
Papa, lo distrae e lo infastidisce e così quasi
dimentica perché sia lì, lui e il suo cane di pezza cui si rivolge come fosse quasi vero. Perché lui era venuto lì per
suicidarsi, ma se hai intenzione di suicidarti che ti importa se la catena non
si monta? E se ti occupi della catena bastarda allora sei proprio un suicida
amatoriale!
Paul è il giovane
bello e “dannato” della storia, che cerca di fuggire da un matrimonio cui è
“costretto”, ma da chi? Ma perché? Un tipo così, che ha tutto nella vita, o
almeno così appare agli occhi invidiosi di Jack, non avrebbe certamente
problemi a stare con moglie e amante nello stesso momento, anche dopo il
fatidico “Sì”, cosa che del resto ha fatto per anni. Insomma, fugge nella
bufera di neve, e sulla sua strada incontra il poveraccio di Jack, che vorrebbe
solo morire in pace. Comincia così una schermaglia di battute tra il giovane
povero e incavolato e quello ricco annoiato e triste, dove vengono fuori molti
cliché tipici di chi ha e di chi non ha.
Ma poi “il chi non ha”, saputo che Paul conosce Roberto Baggio, il suo idolo di quando era teenager, dimentica l’idea del suicidio, lasciandosi tentare dalla prospettiva d’incontrarlo il giorno del matrimonio di quello che ora sembra il suo più grande amico. Un po’ facile, no? Comunque, lascia la macchina in no man’s land, e sale su quella di Paul, accettando così la proposta di posporre di 24 ore la sua morte per incontrare l’idolo della sua vita, cui sembra più attaccato della fidanzata, che in fondo è una stronza che l’ha tradito. Ma anche Baggio l’ha tradito, sbagliando quel rigore ai mondiali del 1994 contro il Brasile. E allora, come la mettiamo? Ci vuole proprio un bel suicidio.
Ma poi “il chi non ha”, saputo che Paul conosce Roberto Baggio, il suo idolo di quando era teenager, dimentica l’idea del suicidio, lasciandosi tentare dalla prospettiva d’incontrarlo il giorno del matrimonio di quello che ora sembra il suo più grande amico. Un po’ facile, no? Comunque, lascia la macchina in no man’s land, e sale su quella di Paul, accettando così la proposta di posporre di 24 ore la sua morte per incontrare l’idolo della sua vita, cui sembra più attaccato della fidanzata, che in fondo è una stronza che l’ha tradito. Ma anche Baggio l’ha tradito, sbagliando quel rigore ai mondiali del 1994 contro il Brasile. E allora, come la mettiamo? Ci vuole proprio un bel suicidio.
Per strada Paul
sceglie, come addio al celibato, di fare una capatina dall’amante, mentre Jack
aspetta in macchina. Ci pare un’ottima idea. All’arrivo nella villa di
famiglia, Paul fa spogliare Jack dei suoi abiti da sfigato e gli passa un
bell’abito da cerimonia, e così i due, elegantissimi, sono pronti per la cena
con tutta la famiglia che ovviamente non sarà affatto sorpresa di vedere un
nuovo ospite. Affatto? Jack incontra così il bel mondo, beve champagne,
discorre con persone interessanti, mangia caviale, assapora il gusto dei soldi,
fa persino amicizia con la cugina cicciona di Paul. Sembra un po’ la versione
maschile di “My Fair Lady”. Stupito e contento, Jack decide così di cambiare
opinione sulla vita, anzi sulla sua vita, e non denigra più nessuno dall’altra
parte. Perché lui è un tipo dalle decisioni improvvise, quasi quasi rinuncia al
suicidio. Anzi non quasi, ci rinuncia
proprio, anche se Baggio era un'invenzione per allontanarlo dall'idea della
morte. Mentre Paul, con gesto plateale, forse l'unico della sua vita, e che mi
ero francamente aspettata, al pranzo nuziale si tira un colpo in testa con la
pistola, che è un oggetto che hanno tutti, sia ricchi che poveri e che sanno
usare quasi bene o forse per niente.
Jack piange la morte
dell’amico e lo invidia di avere avuto il coraggio di essere andato fino in
fondo.
Come debutto alla
regia, il giovane Raphael Tobia Vogel ha scelto un testo che ci appare
“vecchio”, un déjà vu che non dice nulla
di nuovo, anche se raccontato con un linguaggio divertente e non privo di humor
nero. Ma, per esempio, l’idea di introdurre il divo Baggio, invece che alleggerire
la storia, ha l’effetto contrario, diventando troppo ripetitiva e poco
efficace. Anche la trovata che i due si chiamino con nomi stranieri perché
hanno una madre entrambi (!) di Liverpool non rende la storia meno italiana.
Alla fine ci chiediamo
quale fosse il dramatic concept di
quello che abbiamo visto, anche se era piacevole, gli attori bravi, soprattutto
Francesco Sferrazza Papa, le idee registiche interessanti sui cambi di scena,
il tempo che passa, l’ambientazione. Ma il tutto rimane un quasi...
Rifugiarsi sui
classici è sempre o quasi sempre una
garanzia, lavorare su nuove drammaturgie è un rischio, che può andare a segno
oppure fallire, anche se la colpa, come in una coppia sempre fifty/fifty. Ma ben venga il
rischio, gli errori fanno crescere, se si è umili e sensibili abbastanza per
capirli e cercare di superarli.
Ti aspettiamo alla
prossima regia Raphael, la vita è lunga e l’arte anche, non esiste il tutto e
subito, o forse esiste solo nel giardino di Paul. Ma quello era solo una finzione.
Daria
D.
Per strada
di Francesco Brandi
regia Raphael Tobia Vogel
con Francesco Brandi e
Francesco Sferrazza Papa
scene e costumi di Andrea
Taddei
video di scena Cristina
Crippa
assistente alla regia
Gabriele Gattini Bernabò
direttore dell'allestimento
Lorenzo Giuggioli
Produzione Teatro Franco
Parenti
Prima nazionale
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