Trento, Teatro Sociale. Dal
14 al 17 gennaio 2016
Il
fu Mattia Pascal di Tato Russo, andato in scena al teatro
Sociale di Trento dal 14 al 17 gennaio 2016, assume quasi le caratteristiche di
un thriller. Lo spettacolo è tratto dal celebre romanzo che Luigi Pirandello
pubblicò nel 1904, in un periodo travagliato della sua vita. Le preoccupazioni
economiche e l’aggravarsi dei problemi psichici della moglie Antonietta,
segnarono pesantemente l’autore, che riversò il suo pessimismo nelle sue opere.
Nel romanzo, il suo primo grande successo, ritroviamo le tematiche che
domineranno la produzione letteraria di Pirandello: l’inettitudine dell’uomo
contemporaneo, la sensazione di vuoto che lo tormenta, l’inconoscibilità del
reale.
Possiamo dunque
immaginare quanto sia difficile mettere in scena un’opera così complessa. Già
due registi hanno recentemente affrontato quest’opera a teatro: Tullio Kezich
nel 2004 (con Massimo Dapporto nella parte di Mattia Pascal) e Stefano Mecca
nel 2008, che intitolò lo spettacoloIo
sono la tua pazzia.
Mantenendo il
linguaggio dell’autore, Tato Russo (che interpreta anche la parte di Mattia
Pascal) ha realizzato uno spettacolo semplice, originale e “popolare”.
Assistiamo infatti, ad un vero e proprio “viaggio nella memoria” del
protagonista. Una voce fuori campo introduce gli episodi salienti della vita di
Mattia Pascal e trasporta il pubblico nella sua anima.
“Ho il dubbio di non aver vissuto affatto”, afferma Mattia Pascal nella
prima scena. Egli è un bibliotecario di Miragno, sposato con Romilda (Carmen
Pommella) dalla quale ha un figlio, e portato alla rovina da Batta Malagna
(Peppe Mastrocinque), l’amministratore delle ricchezze lasciategli dal padre. Mattia
però, è innamorato da sempre di Olivia (Katia Terlizzi), moglie di Batta
Malagna,. Oppresso dalla sua miserabile vita, Mattia Pascal decide di fuggire.
Giunto a Montecarlo diventa ricco giocando alla roulette. Dopo alcuni giorni
legge sul giornale la notizia del ritrovamento di un suicida, erroneamente
identificato dalla suocera come “Mattia Pascal”. Per l’uomo è l’inizio di una
nuova vita: cambia look, si fa crescere i baffi e assume una nuova identità,
quella di Adriano Meis. A Roma è ospite della pensione del signor Paleari (Francesco
Ruotolo), che ha una figlia, Adriana (Katia Terlizzi), della quale Mattia si
innamora ricambiato. Se da una parte “Adriano Meis” si sente attirato dalla
ricerca di una nuova vita, dalla libertà e dalla possibilità di vivere come
aveva sempre desiderato, si renderà conto ben presto dell’impossibilità di
un’esistenza al di fuori della legge. Mattia decide quindi di inscenare un
nuovo finto suicidio, lasciando una lettera di addio alla povera Adriana.
Tornato a Miragno dalla sua famiglia, scopre che tutto è cambiato: Romilda si è
risposata e ha una figlia, i suoi compaesani lo emarginano. A Mattia resta solo
il suo lavoro in biblioteca, dove trascorre le giornate a scrivere la sua
biografia.
Come si accennava in
precedenza, la messinscena è molto particolare. Gli attori recitano più parti e
ipersonaggi non entrano in scena, sono già sul palco: come in un sogno essi
vengono portati in vita attraverso un gioco di luci ed ombre, un espediente ben
riuscito grazie alla scenografia essenziale, ma di grande effetto: su uno
sfondo nero si stagliano i vari arredi (un tavolino, delle sedie, uno specchio,
uno scrittoio e un letto) coperti da teli neri che vengono fatti scivolare ad
ogni cambio di scena.
Alcune parti dello
spettacolo meritano una particolare attenzione. La terza scena del primo atto
si concentra su Mattia Pascal e su tre donne che hanno segnato la sua vita:
Romilda, la suocera (la “strega”, interpretata da Caterina Scalaprice), che non
nasconde l’astio nei confronti di Mattia, e sua madre,succube della suocera del
figlio, gracile, malata, forse la più autentica forma di tenerezza nella vita
di Mattia Pascal. Questa scena è emblematica perché rappresenta uno dei motivi
che spinge l’uomo a fuggire: le continue vessazioni della suocera, che, dopo la
morte della madre e del bambino avuto da Romilda, lo definisce “assassino”,
riecheggiano nella mente del protagonista e nell’oscurità del palco.
Anche il signor
Paleari è un personaggio di rilievo. In una discussione con Mattia, l’uomo
espone la “filosofia del lanternino”, secondo la quale l’uomo a differenza
degli altri esseri viventi, ha la capacità di “sentirsi vivere”e ha coscienza
del proprio vissuto. Secondo Paleariil lanternino rappresenta il sentimento
umano alimentato da illusioni di fede, senza del quale rimarrebbe solo il buio
e l’angoscia.
Nello spettacolo
gioca un ruolo importante anche la “maschera”,come nella scena in cui Silvia
Caporale (Marina Lorenzi) paragona Andriano Meis ad un attore mascherato e gli
consiglia di “assumere un’ altra faccia” tagliandosi i baffi. Nell’ultima scena
del secondo atto Mattia, ormai ignorato da tutti e rassegnato ad essere il fu Mattia Pascal, è di fronte alla sua
tomba: tutti i personaggi sono sul palco con il volto coperto da una maschera,
simbolo di finzione scenica, ma soprattutto di ciò che viene imposto dalla
società che ci condanna ad essere noi stessi.
Sara
Bellebuono
PRODUZIONE: T.T.R. IL TEATRO
DI TATO RUSSO
con Tato Russo, Renato De
Rienzo, Massimo Sorrentino, Katia Terlizzi, Salvatore Esposito, Marina Lorenzi,
Caterina Scalaprice,Carmen Pommella, Peppe Mastrocinque, Francesco Ruotolo,
Lorenzo Venturini.
regia Tato Russo
scene Tonino Di Ronza
costumi Giusi Giustino
musiche Alessio Vlad
luci Roger La Fontaine
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