24 gennaio, 2016

PARASSITI FOTONICI di PHILIP RIDLEY. Recensione di Daria D.


Milano, Teatro Filodrammatici. Dal 21 Gennaio al 7 febbraio 2016

Cosa si può scrivere quando uno spettacolo è perfetto? Che è perfetto! Potrei fermarmi qui, con la mia recensione, altre parole sarebbero un di più, aggiungerei solo un caloroso  invito per il pubblico ad andare a vederlo.
Ma tranquilli, non sarò così parca di parole, né vi lascerò senza qualche commento extra. Sennò che recensione sarebbe, anzi, per meglio dire, che contributo sarebbe?
Prima di tutto, interessante e originale è la scelta di rappresentare il testo “Radiant Vermin” del drammaturgo inglese Philip Ridley, messo in scena per la prima volta a Londra nel 2015 e il cui humour, sì signori lo humour e l’ho scritto all’inglese e non all’americana humor è ancora molto e solo britannico,  facciamocene una ragione, e non importa quanto nero sia, qui pervade tutta la storia, con l' aggiunta di una fantastica visione della vita, il che è assolutamente strategicamente necessario, se vogliamo rafforzare concetti che si basano sulla vita reale.
Quando la realtà non ci viene sbattuta addosso con crudezza e brutalità, facendoci sentire tutti in colpa, depressi dall’inizio alla fine, impotenti, meschini, cinici, ma assume una versione fantascientifica, favolistica, surreale, allora, le cose, paradossalmente, ci toccano di più, senza ferirci.
La realtà la vediamo tutti i giorni, ci opprime, ci fustiga, ci lascia senza parole, ci spaventa, ma se andiamo a teatro o al cinema, o se leggiamo storie che sappiano con un sorriso raccontarcela, usando ironia, gentilezza e intelligenza, allora, non solo abbiamo passato un po’ di tempo positivamente, ma ci rimarrà qualcosa in più che forse non ci aspettavamo.
Questa storia mi ha ricordato in qualche modo J.G. Ballard, anche se in Ridley temi come  la ricerca della felicità a tutti i costi, la sovrappopolazione delle città, il nuovo “Millennium” (titolo di un  romanzo di Ballard), i centri commerciali, la “pulizia” etnica, sono trattati con umorismo, sarcasmo, in forma di parodia. Ma l’effetto dei due scrittori, entrambi inglesi, sullo spettatore o lettore non cambia, ed è quello di raccontare la realtà dietro a sogni e incubi. Perché sicuramente questo Parassiti Fotonici è anche un incubo, quello che vivono Jill e Ollie, bravissimi Federica Castellini (forse una stellina in più) e Tommaso Amadio, una giovane coppia in attesa di un figlio, cui viene regalata, da una misteriosa Miss Dee, perfetta Elisabetta Torlasco, simpatica e subdola, un po’ agente immobiliare, un po’ Faust, un po’ Mary Poppins,  la “Casa dei sogni”. L’unico lato negativo è che la casa non ha acqua né luce, insomma ha bisogno di ristrutturazioni, ma tutto il resto è free of charge. Allora perché non accettare l’offerta? Alle ristrutturazioni ci penseranno con calma.
Poi, una notte, un barbone entra in casa, e Ollie accidentalmente lo uccide. Ma da questa “soppressione”, come per incanto, la cucina si trasforma: all’improvviso diventa la cucina dei sogni. Dopo uno shock iniziale, perché di assassinio si tratta, legittima difesa? chissà, Jill e Ollie, ci fanno un pensierino sopra, per il bene del bambino, s’intende, per la sua felicità: fare altre ehm… ehm.. ristrutturazioni, sopprimendo parassiti, gente inutile e dannosa alla società. Che c’è di male? Mors tua vita mea. Un po’ alla volta, forti dell’idea che il mondo in fondo non perderebbe nulla, i due simpatici criminali decidono di invitare  in casa dei barboni, dietro  la scusa di dare loro da mangiare, per  poi invece sopprimerli, in vari modi, ma quello che sembra più efficace è una bacchetta magica che rilascia una scossa elettrica. Geniale!
A poco a poco, la casa diventa una reggia, tutto splende, tutto è radiante o radiattivo...  La felicità è al settimo cielo, i sensi di colpa cancellati, tutto sembra facile, ora, tanto che si trovano ben presto vittime consapevoli o inconsapevoli, di  un' escalation di bisogni, perché enough is not enough.
È esattamente quello che succede nella società dei consumi: perché accontentarsi di una macchina quando ne puoi avere due, perché accontentarsi di un telefono serie 1 se puoi avere la serie 6, anzi 6 plus-over-super? Perché avere solo una casa, e non quella al mare e perché no anche in montagna? Ma per avere di più, sempre di più,  cosa sei disposto a fare? Lo sappiamo tutti cosa certa gente è disposta a fare. Ma Jill e Ollie hanno la scusante del bambino e noi forse facciamo il tifo per loro. Io sì. Sicura? Well…
La storia che ci viene raccontata è affidata principalmente alla recitazione e la regia  di Bruno Fornasari non si impone mai su di essa ma la segue, la incalza, la rende efficace con semplicità e intelligenza. Non ci sono momenti di vuoto, le battute si susseguono argute e divertenti, ti accalappiano nel loro vortice di umorismo e sorpresa. Bello vedere spettacoli che non si affidano all’esteriorità ma all’essenza concreta del teatro: saper raccontare. Punto e basta.
Enough is not enough. Perché magari nella prossima stagione ci piacerebbe vedere ancora rappresentato qualche testo di Ridley, questo drammaturgo contemporaneo che Fornasari ha fatto conoscere al pubblico milanese, che di sicuro è molto esigente ma che stasera è stato ampiamente soddisfatto.

Daria D.


Traduzione in inglese dell'articolo:


When a performance is perfect what else can we write about it? Bravo! Perfect! So I definitively could stop here with my review, adding other words would sound useless. Only one thing, though: an invitation to come and see the performance.
Relax folks, I won’ t  leave you without any comment. Would be unfair and  unprofessional.
So, first of all, the choice to stage Radiant Vermin by Philip Ridley, English playwright and much more, presented for  the first time in 2015, is interesting and original, because its humour and mind you I didn’t write humor,  American style, is hundred percent unquestionable British, and no matter how black (the humour, of course).
 This humour permeates the whole story, a fantastic, surrealistic  vision of life so strategically absolutely necessary to reinforce some concepts based on the reality.  When we are not obliged on stage or on screen to face a brutal, graphic, cruel reality, preventing us feeling guilty, depressed, impotent, cynical, the reality  takes on a fairytale, fictional, surreal aspect. In doing so real matters seem more distant, less scary but paradoxically become instead more profound and affordable by our consciences. We are touched but not wounded. Everyday we cope with reality, we are oppressed, whipped,  speechless, but if the story we see, or we read is told with irony, lightness, sarcasm, gentleness, we feel richer and open to understand much better. And we definitively get something that will last longer.
This story reminded me of J.G. Ballard even if in Ridley matters like the search and struggle for happiness at all cost, the overpopulation in our cities, the new Millennium people (title of the Ballard novel), the malls, the ethnic suppression, are handled with irony, like a parody of our times. Both writers have the same result on the audience, whether they tell us dreams that nightmares.
Radiant Vermin is the dream under the guise of a house, absolutely free of charge, offered by Miss Dee, the very good Elisabetta Torlasco, nice and sly, a little bit real estate agent, a little bit Faust, a little bit Mary Poppins,  to  Jill and Ollie, excellent the actors Federica Castellini (maybe she deserves an extra star) and Tommaso Amadio, a young couple waiting for a child. The dreamy house needs just some renovations, like there is no water nor electricity, but all the rest is free.  Why not accepting the tempting offer? As far as the renovations they will take care, later on.
One night, house still under remodeling, a homeless breaks into. Ollie, accidentally, kills him. As a consequence of his gesture, like magic, the kitchen get transformed in a bit, sparkling and dreamy. After the initial shock, and the presumption he did in self-defense, the idea to “suppress accidentally” other vermin of the society could be the solution to have what they want: a dreamy house. Of course they would do it for the sake of the child! Mors tua vita mea.
So here it is the criminal plan:  every night inviting in their home some homeless with the excuse of feeding them and then execute them, in different ways even if at last the most efficient seems a magic wand equipped with an electric shock. Brilliant idea!
Night after night everything is radiant, clean, perfect. They are finally happy, guilty free, and in need to have more and more. Because enough is not enough, as states our consumer society. Why be content with one car when you can have two of them? Why be satisfied with a mobile phone series 6 if you can have the model 6 plus-over-super? Why own just a house if you can have another one at the beach side or up to the mountains? What would you do to have more? We know very well, unfortunately, what some people are willing to do to have more stuff, the superfluous one.  Jill and Ollie have the excuse of the child soon to be born. Do we excuse them? Maybe… well…
The original and interesting story is entrusted mainly to acting and the direction of Bruno Fornasari is never imposing but follows, presses gently, making the performance more strong and efficient, but with simplicity and cleverness. There are never empty spaces, the lines follow one another, witty and funny, capturing the audience in a vortex of surprise and humour. Nothing is given for granted or expressed only externally but represents the real true and essence of Theater: to tell a story. That’s all.

Since enough is not enough we hope to see more works by Ridley next season, here at the Filodrammatici, under the direction of Fornasari who had the merit to bring to the attention of the Milanese audience, so demanding, the English playwright and to have satisfied it hundred percent, plus one.



Enough is never enough
Traduzione e regia di Bruno Fornasari

Con Tommaso Amadio, Federica Castellini, Elisabetta Torlasco

scene Aurelio Colombo
costumi Erika Carretta
musiche originali Massimiliano Setti
tecnica Andrea Diana, Enrico Fiorentino
assistenti alla regia Marco Rizzo, Chiara Serangeli
produzione Teatro Filodrammatici
PRIMA NAZIONALE
Teatro Filodrammatici Mlano, dal 21 GEN. al 7 FEB. 2016

2 commenti:

  1. Ad onor di cronaca ho portato a Milano al Teatro Libero lo spettacolo VINCENT RIVER di Philip Ridley nel gennaio del 2010. Ebbe delle bellissime recensioni. Ma sono passati tanti anni e si sa il tempo non sempre è galantuomo. A Roma è dal 2008 che gli spettacoli di Philip Ridley vanno in scena con regolarità. MERCURY FUR, VINCENT RIVER, MOONFLEECE, DARK VANILLA JUNGLE e l'ultimo del dicembre scorso TENDER NAPALM. Tutti da me tradotti e diretti.

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