13 febbraio, 2016

FESTIVAL EQUILIBRIO, 9-28 FEBBRAIO 2016: NUOVI PERCORSI DI DANZA. Di Rossella Traversa


Il Festival della Nuova Danza “Equilibrio” in corso presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma dal 9 al 28 febbraio 2016 ha aperto la sua dodicesima edizione con due spettacoli messi in scena da Aterballetto, Compagnia Cuenca/Lauro e Irene Russolillo (Premio Equilibrio 2014 come miglior interprete).
Le tre coreografie presentate da Aterballetto martedì 9 febbraio – Upper-East-Side, E-ink e L’eco dell’acqua – si sono caratterizzate per l’esplorazione delle dinamiche corpo-luogo in cui l’instabilità viene celebrata e poetizzata. L’unità del singolo contro il gruppo e assieme al gruppo risuona come criterio di discernimento e di forte musicalità.
Tagliente e lineare, la scia dei corpi appare quasi sempre come un’annunciazione con evidente continuità. “E-ink” è un duetto sgusciante e claustrofobico in cui il testo coreografico appare senza vuoti semantici e la fisicità degli interpreti diventa lo spazio del contesto. “L’eco dell’acqua”, diretto da Philippe Kratz, è ispirato ad una lirica di Goethe (Gesang der Geister ṻber den Wassern, Canto degli spiriti sulle acque) e all’episodio dell’abbattimento di un aereo civile in Ucraina da parte di un missile militare. La scenografia qui si rende aerea e sontuosa per accogliere una danza che scende dall’alto di un telone nero imponente sotto cui – quasi si ergesse come un palazzo – alcuni danzatori sostengono altre danzatrici. La visione prospettica si verticalizza in maniera piacevolmente inquietante e la dimensione, per così dire, “orizzontale” è affidata alle parole tratte dalla lirica di Goethe e recitate da una danzatrice: “Anima umana, come somigli all’acqua! E tu, destino umano, come somigli al vento!”. L’abilità degli interpreti si basa sulla “scivolosità solida” del loro movimento e sulla capacità di raccontare atmosfere rarefatte su un severo dettato musicale.
“The Speech”, invece, è la performance portata in scena mercoledì 10 febbraio dalla coreografa e danzatrice Irene Russolillo e co-creata assieme all’artista argentina Lisi Estaras. Il pezzo della Russolillo ha saputo coinvolgere il pubblico nel gioco di mezzo tra l’esposizione intimistica ed enigmatica di piccole paure quotidiane e picchi di autostima autocelebrativi e un sound-design tenue, tendente al ronzio o al sussurro, da cameretta di una adolescente. L’accento psicologico della Russolillo risiede nella sua capacità di “ballare con la bocca e con gli occhi” e di coreografare perfino la popolare “Call me maybe” di Carly Rae Jepsen nel bel mezzo di questa autopsia autoironica di quel che resta della nostra immaginazione …. La figura di questa danzatrice emerge in tutta la sua intelligenza emotiva e ritmica che adotta ogni “debolezza” di un contesto artistico. La parte bassa e alta del corpo si sgancia dall’asse verticale sempre in congiunzione con una metamorfosi del volto e questo rende la coreografia un assalto alla volontà di sembrare “copione”.
“Zero” è il duetto presentato dalla Compagnia Cuenca/Lauro che si radica su intrecci di braccia e giri concentrici su terriccio. Palpabilità, ripetitività e pochi sguardi di coppia. Solo l’ultimo, sottolineato da un faro di luce e da un suono intenso e contundente, avvicina davvero i due danzatori (Elisabetta Lauro e César Augusto Cuenca Torres). Insieme si cerca e si tocca diversamente e la forma visiva non è più il semplice oggetto del desiderio del pubblico.


Rossella Traversa

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