Qui ci racconta il suo
impegno, la sua passione e la sua energia spesa senza risparmio in favore del
teatro.
Sei nato, vivi e lavori
a Milano oltre che in Italia e all’estero.
Ci racconti quando è nata la tua
passione per il teatro?
È difficile
raccontare l’inizio preciso di un innamoramento. Ricordo che al ginnasio mi
piaceva scrivere racconti e poesie soprattutto per il piacere di raccontare.
Fra i miei professori c’era l’illustre professore Salvatore Guglielmino che
spesso mi portava con lui ad assistere alle prove di quello che si chiamava
allora Salone Pier Lombardo in cui recitava
Franco Parenti, che lui conosceva. Fu così che cominciai ad amare questo
mondo e ad andare ogni domenica a teatro, grazie agli abbonamenti che allora,
per noi studenti, costavano poco. Dopo il liceo frequentai la Paolo Grassi e
man mano ogni tappa è venuta da sé, se mi guardo indietro tutto è stato
semplice, ho continuato a coltivare la mia passione.
Per la mia
generazione i maestri irrinunciabili erano Peter Brook, Ariane Mnouchkine, lo
stesso Strehler. Oggi forse non sono più in età da maestri. L'unico gramde
maestro forse è il ‘tempo presente’, la fonte da cui continuamente traggo
energia e nuova ispirazione.
Hai diretto e fondato
teatri a Milano e in Italia, inoltre hai
promosso iniziative teatrali come quella
dei TEATRI POSSIBILI, ci puoi raccontare come ti è nata l’idea?
Nel 1996 creai
con il mio gruppo il progetto TEATRI POSSIBILI che prevedeva la produzione di
spettacoli, la formazione di attori e la gestione di teatri. Il culmine del suo
successo fu con la realizzazione di un grande circuito con sedi, scuole e
teatri sparsi in tutta l’Italia. In pratica gestivamo sale teatrali,
producevamo spettacoli e formavamo giovani; oggi rimane la scuola di Milano, la
mia compagnia e i tanti teatri e le tante realtà territoriali che continuano la
loro attività in autonomia. Questo ora è per me credo un tempo più meditativo e
meno d’azione.
Fra i tanti personaggi
che hai interpretato: Cyrano, Enrico IV, Caligola, Amleto, Otello, Ulisse, don
Chisciotte, don Giovanni, Riccardo III… , quale hai amato o ami maggiormente ?
Contrariamente a
quanto si potrebbe pensare non è Cyrano, anche se è stato il successo
innegabilmente più eclatante della mia carriera d’attore con molte centinaia di
repliche in tutta l’Italia. E' difficile dire cosa mi appartenga maggiormente,
ma forse oggi credo che sia Caligola perché è quello che mi tocca, mi commuove
di più e in cui mi posso in qualche modo riconoscere. In realtà io amo tutti i
personaggi del mio repertorio e considero una ricchezza poter tornare, dopo
anni, a lavorarci su. E’ come ri-incontrare un buon amico e scoprire cosa tu
stesso sei diventato. E’ lui, il personaggio, che te lo dice.
Molti giovani vogliono
diventare attori, che cosiglio daresti loro?
Il mio consiglio
è quello di non ascoltare consigli. Mi spiego: se la tua ‘chiamata’ è vera
passione, per una qualsiasi forma d’arte, per la bellezza in sé, è da questa
che devi farti guidare. E’ il primo istinto, è una necessità da assecondare,
poi subentreranno la ragione, la famiglia, gli amici… ma ribadisco: il mio
consiglio è quello di non ascoltare consigli. Anche se ti sembra una follia,
un’utopia irrealizzabile, in realtà è la ‘chiamata’ alla tua vera vita.
Da cosa riconosci il
talento di un giovane attore che si presenta per un provino ?
Quello del
provino è da sempre un momento imbarazzante che non amo e in cui non mi sento a
mio agio. Le compagnie teatrali sono un po' come famiglie ed è difficile
accogliere estranei nelle famiglie. Io però credo sia importante lavorare e
costruire strutture aperte. Così faccio spesso provini e ammetto che tante
volte sbaglio nelle mie scelte. Personalmente ho sempre preferito essere scelto
piuttosto che dover scegliere.
Nel 2009 ti è stato
assegnato il Premio teatrale più ambito
della penisola: il Premio Pirandello e nel 2010 il Premio Nazionale della
Critica teatrale, che effetto ti hanno fatto?
Tutti i premi
sono riconoscimenti, sono una grande ricchezza che segna una pietra miliare
nella tua vita. Facciamo un lavoro privato. Spesso nel semibuio di un
palcoscenico. Che qualcuno ci noti e si interessi al nostro lavoro è una grande
gioia.
Le tue poliedriche
attività teatrali ti impegnano, oltre che come attore, anche come regista, direttore artistico e insegnante di
recitazione, quale di queste attività ti da maggiori soddisfazioni?
Tutti questi
ruoli si compendiano e si condensano in uno solo: quello dell’autore. Che tu
sia sul palcoscenico o in regia o in studio, comunque crei, dai corpo, azione e
vita a ciò che avviene o avverrà in scena.
Oggi da noi è difficile
portare il pubblico a teatro, a tuo avviso qual è il motivo di tale
disaffezione ?
Siamo sommersi
dagli stimoli, dalle sollecitazioni più diverse, è difficile scegliere,
orientarsi rispetto ad un’offerta sempre più varia che moltiplica le
possibilità di svago. Personalmente devo dire che non soffro di questa
disaffezione perché ormai da anni ho un mio pubblico che mi vuole bene e che
ritrovo fedelmente ad ogni spettacolo.
Curata da Ombretta de Biase
Nessun commento:
Posta un commento