Teatro
Morlacchi, Perugia. Venerdì 5 febbraio 2016
“L’uomo che amava le donne”: il titolo del bel film di François Truffaut
calzerebbe proprio a pennello, come epigrafe immaginaria, all’Amedeo Modigliani
interpretato da Marco Bocci in Modigliani e le sue donne, spettacolo -basato sulla vera vita
dell’artista- firmato da Angelo Longoni, qui regista oltre che autore.
La pièce ripercorre il periodo parigino (1906-1920)
del geniale e sfortunato pittore e scultore livornese attraverso i suoi grandi
amori, cioè le quattro donne più importanti per la sua vita e per la sua arte.
Quattro figure “storiche”, quindi reali, ma anche simboliche, per riassumere le
diverse fasi artistiche e affettive –specchio di una mente inquieta e
complessa- della breve ma intensissima vita di Modigliani: l’affascinante Kiki
de Montparnasse (Giulia Carpaneto), prostituta e modella che inizia Modì alla
vita bohémien, facendogli conoscere i più importanti artisti della città ma anche la
perdizione con droghe e alcolici; la poetessa e chiaroveggente russa Anna
Achmatova (Vera Dragone), con la quale Amedeo stabilisce una fortissima intesa
sia fisica che -soprattutto- intellettuale, trovando un effimero momento d’equilibrio
che crolla quando la donna sceglie di tornare in patria col marito, il poeta
Nikolaj Gumilev; Beatrice Hastings (Romina Mondello), forse l’amore più intenso
e turbinoso di Modì, ricca e colta corrispondente a Parigi per un giornale
britannico, donna forte e dalla spiccata mentalità imprenditoriale, convinta
sostenitrice del talento del Nostro e perciò determinata nel convincerlo a
lasciare la scultura per la più redditizia pittura; Jeanne Hébuterne, la
giovanissima (14 anni meno di lui) e devota moglie, pittrice a sua volta,
talmente legata a Modigliani da decidere di seguirlo anche nella morte,
nonostante porti in grembo il loro secondo figlio.
Dopo l’articolo sull’interessante mostra “Gli amori di Modì” (Arezzo,
Galleria comunale di arte contemporanea, fino al 21 febbraio), torno volentieri
a parlare di un’altra iniziativa culturale riuscita legata ad Amedeo
Modigliani, di cui, lo ricordo ancora, nel 2020 cadrà il centenario della
scomparsa, evento che sarà celebrato –si spera- con una grande esposizione di
tutte le sue opere.
Modigliani e le sue donne, come ben si intuisce dal titolo,
racconta l’artista focalizzandosi su uno degli aspetti più importanti della sua
vita: l’amore. Amore che però, in Modì, si intreccia indissolubilmente con
l’arte, come la pièce mostra a più riprese: non solo il Modigliani tombeur de femmes, quindi, ma anche l’artista desideroso di immortalare le donne (spesso
nude), sua principale fonte d’ispirazione, sulla tela, per comporre un’ode
sconfinata e imperitura all’insondabile mistero della bellezza femminile, il
soggetto prediletto dal pittore, di fronte al quale è colto da irrefrenabile
emozione ed estasi creativa. Accanto al rapporto tra l’arte e l’amore, emergono
anche altri aspetti reali della carriera e della vita di Modigliani: il “fare
arte per l’arte”, l’amicizia/rivalità con Picasso, il rifiuto di aderire a
qualunque movimento artistico particolare, la sofferta decisione di abbandonare
la scultura (sia per motivi di salute che economici) in favore della pittura, i
difficili rapporti con i mercanti d’arte, la predilezione per i volti e i
ritratti (“L’UNIVERSO E’ TUTTO RACCHIUSO DENTRO A UN VOLTO”), l’ardente
(bi)sogno di andare oltre la mera verosimiglianza per scavare “all’interno” e
raggiungere l’essenza delle cose…Tutti elementi fondamentali per la
comprensione del Modigliani artista che lo spettacolo coglie con puntualità,
acuti spunti critici che tratteggiano i contorni di un genio immenso e
disperato per il quale amore, arte, vita e bellezza diventano una cosa sola.
Sullo sfondo, la Parigi d’inizio ‘900, forse il più grande crogiolo artistico
della storia, un’epoca d’oro irripetibile che Modigliani ha coraggiosamente
vissuto da indipendente restando sempre ai margini del Movimento, senza aderire
a questa o a quella avanguardia, e mantenendo intatta, quindi, la propria
identità artistica.
Ottimo Marco Bocci, che ci restituisce un Modigliani passionale, sognatore,
poetico, orgoglioso della propria italianità e della propria unicità, ma anche
infedele, autodistruttivo, fragile, insicuro, tenero e commovente nelle sue
contraddizioni, nei suoi grandi slanci di generosità e nei suoi entusiasmi.
Reggono bene il gioco anche le attrici (in particolare Giulia Carpaneto e Vera
Dragone), il resto lo fanno le musiche di Ryuichi Sakamoto (si riconosce il
celebre tema de Il tè nel deserto) e le ispirate scene di Gianluca Amodio.
Francesco Vignaroli
Scritto e diretto da Angelo Longoni
con: Marco Bocci, Giulia Carpaneto, Romina Mondello, Vera Dragone, Claudia
Potenza
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