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14 marzo, 2016

L’IPOCRISIA E LA CONTEMPORANEITÀ DI "DON GIOVANNI". Di Sara Bellebuono


Teatro Sociale, Trento. Domenica 6 marzo 2016

Il 6 marzo 2016 ho assistito al teatro Sociale di Trento all’ultima replica del Don Giovanni di e con Alessandro Preziosi, uno spettacolo con una riscrittura scenica importante che ha decontestualizzato l’opera del 1665 di Molière.In questa riscrittura la trama è abbastanza fedele all’opera originale. Il protagonista è Don Giovanni (Alessandro Preziosi), un gentiluomo libertino, ateo e cinico, che fugge e abbandona Donna Elvira (Lucrezia Guidone) dopo averla sottratta alla clausura e averle promesso di sposarla.
Tra le sue numerose vittime ci sono anche Carlotta (Maria Celeste Sellitto), già fidanzata con Pierino (Daniele Paoloni), un giovane poco affascinante, codardo e frignone, e Maturina (Daniela Vitale), una contadina che il libertino aveva incontrato precedentemente. Don Giovanni conduce una vita sregolata e dissoluta, senza alcun segno di pentimento, nemmeno di fronte alla collera di Donna Elvira che, avendo scoperto l’inganno, giura una spietata vendetta. Inseguito dai fratelli di Elvira, Don Giovanni si rifugia in una foresta insieme al suo servo Sganarello (Nando Paone), che teme il suo padrone e ne ha una pessima opinione. Durante la fuga Sganarello e il suo padrone giungono nei pressi di un mausoleo che si scoprirà essere la tomba di un commendatore ucciso da Don Giovanni. Egli, di fronte alla statua del commendatore, per burlarsi della somiglianza con suo proprietario, ordina a Sganarello di invitarlo a cena. Sorprendentemente la statua accetta l’invito con un cenno della testa. Don Giovanni formula la richiesta una seconda volta e la statua risponde allo stesso modo, lasciandoi due esterrefatti. Sarà proprio l’incontro con questa statua, simbolo della punizione divina, a portare inevitabilmente Don Giovanni alla fine.
Come si può notare fin dalle prime scene, una delle caratteristiche dello spettacolo è l’immobilità, che rimanda all’inerzia della società dell’epoca di Molière: non si tratta infatti di uno spettacolo di azione, ma di “parola”. Ciò è riscontrabile anche dalla cornice che circonda tutta la scenografiache dà l’idea di essere di fronte alla staticità di un quadro. Lo spettacolo di Preziosi, inoltre, si basa su un forte contrasto visivo. Da un lato i costumi d’epoca indossati dagli attori ricreano un’atmosfera settecentesca, dall’altra la scenografia cupa, essenziale e tecnologicaci fa pensare alla contemporaneità. Sullo sfondo del palco infatti, si staglia un pannello sul quale vengono proiettati vari scenari in movimento. Questa tecnica risulta efficace e realistica, come ad esempio nella parte finale dello spettacolo, in cui Don Giovanni esce di scena e appare sullo schermo accanto alla statua del commendatore, per poi essere inghiottito dalle fiamme, mentre Sganarello si lamenta del salario che non riceverà più. Quest’ultimo personaggio (che Molière introdusse in diverse commedie, ispirandosi alla commedia dell’arte italiana)presenta delle differenze rispetto all’opera originale.Nonostante siano presenti dei momenti di comicità, spesso anche molto divertenti, dovuti in gran parte all’esperienza di attore comico di Nando Paone, Sganarellorisulta un personaggio negativo e drammatico. Egli finge di essere un servo fedele, disprezza la condotta di Don Giovanni che considera una “bestia”, arrivando ad affermare di preferire il diavolo come padrone. Donna Elvira è l’unico personaggio femminile rilevante: se all’inizio sfoga la rabbia dell’abbandono, nel secondo atto la donna trasforma questo dolore in qualcosa di più nobile come il perdono.Ma è Alessandro Preziosi a tenere in piedi lo spettacolo. Don Giovanni non è il primo classico che l’attore ha affrontato a teatro (ricordiamo infatti Laerte nell’Amleto di Antonio Calenda e Cristiano nel Cyrano di Corrado D’Elia): ciò è evidente dal modo in cui egli affronta questa parte piuttosto impegnativa, dimostrando una grande capacità attoriale. Il suo è un Don Giovanni ipocrita e crudele. Come all’inizio del primo atto nella scena con Elvira, alla quale dice di essere fuggito da lei non potendo più vivere nel peccato e temendo quindi la collera divina. O come quando augura al padre una morte precoce, o, ancora, quando istiga un contadino a bestemmiare pur di ricevere una moneta d’oro.
L’ipocrisia è insita nella società di Molière: Don Giovanni la elogia perché permette di mascherarsi per ingannare il mondo. Con l’ipocrisia si possono mettere al sicuro i proprio interessi, fingendo una condotta impeccabile. È quello che Don Giovanni tenta di fare, inutilmente. Forse è proprio la contemporaneità di questo mito letterario a renderlo immortale.

Sara Bellebuono



DON GIOVANNI
di Molière
traduzione e adattamento Tommaso Mattei
con Alessandro Preziosi, Nando Paone, Lucrezia Guidone, Maria Celeste Sellitto, Roberto Manzi, Daniele Paoloni, Daniela Vitale, Matteo Guma
scene FabienIliou
costumi Marta Crisolini Malatesta
luci Valerio Tiberi
musiche originali Andrea Farri
supervisione artistica Alessandro Maggi
regia Alessandro Preziosi
produzione KHORA.teatro, TSA Teatro Stabile d’Abruzzo

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