Teatro
Ghione, Roma. Dal 15 al 24 marzo 2016
Il mito greco di Medea è
stato rivisitato da diversi autori moderni e, per questa rappresentazione
teatrale in scena dal 15 al 24 marzo 2016
al Teatro Ghione di
Roma, il regista Francesco
Branchetti utilizza il testo dello scrittore francese Jean Anouilh. L’opera è simile per
molti aspetti della trama alla versione di Euripide, ma ha soprattutto un suo
tratto distintivo, tipico dei “Testi Neri” di questo autore, e cioè un’analisi
attenta e minuziosa delle passioni prorompenti e oscure dell’animo umano, nonché
un’introspezione e un’indagine psicologica dei personaggi.
La struttura drammaturgica è solenne, possente e viene creata con il
dramma della protagonista reietta in un carrozzone insieme alla Nutrice, colpevole di aver commesso
sordidi crimini e scelleratezze per il suo amato Giasone. Costui invece,
l’ha abbandonata dopo dieci anni insieme, deciso a sposare Creusa,
figlia di Creonte, re di Corinto, per poi prendere il suo posto di
sovrano.
Medea è lacerata dal dolore, consapevole delle sue rinunce fatte in funzione
di lui, dell’aver tradito la sua famiglia, il padre e di aver assassinato il
fratello, sacrificando e immolando sempre la sua vita per lui, ora si ritrova
sola ed emarginata, trattata come una barbara selvaggia. E oltre alla fedele Nutrice,
non gli restano che i suoi figli, frutto di
quell’amore che le ha portato via tutto, che le ha corroso l’animo dal profondo
e che userà come vendetta, in un ultimo gesto disperato di omicidio-suicidio. [“Sono
Medea, finalmente e per sempre.”]
I personaggi sono costruiti con una potenza tragica eccezionale, vestendo
la disgrazia e indossando emozioni
intense e doloranti, e la messinscena è tutta avvolta intorno al tormento
e alla sofferenza di una donna ferita,
una donna di un mito passato,
ma che è assolutamente attuale ed universale,
una donna che ha amato troppo e che anche per questo è stata
abbandonata. Anche la scenografia ricrea
il suo mondo, così come i suoi movimenti sul palco, a volte leggeri come un
rito sacro, a volte incalzanti, ma sempre pieni di dignità, che accompagnano i
suoi sentimenti struggenti.
Un’altra differenza importante con la versione euripidea è il personaggio
di Giasone che non è
totalmente ignobile, non sminuisce infatti del tutto la donna amata, ma anzi nel
dialogo con lei ripercorre la loro storia, il crescere del suo sentimento per
la donna, dandole quasi un’ultima speranza illusoria di un futuro immaginato
insieme, la passione sfrenata, e infine il peso di questo amore che si è
trasformato in un fardello d’odio e veleno, che lo ha stremato a tal punto da
fargli desiderare solo l’oblio. E questo diventa poi la sua giustificazione per
l’imminente matrimonio con la giovane vergine, futura regina di Corinto.
Medea, interpretata da una incisiva e commovente Barbara De Rossi, vive un amore pieno
di eccessi e senza limiti in questa tragedia così eterna e così contemporanea
che vede fondersi emozioni estreme, forze oscure, esoteriche, paure, ferocia,
dipinte sapientemente dal regista Francesco Branchetti, nel ruolo di Giasone stesso.
Flavia Severin
Testo: Jean
Anouilh
Traduzione: Giulio
Cesare Castello
Regia:
Francesco Branchetti
Con:
Barbara De Rossi (Medea), Tatiana Winteler (la nutrice), Francesco Branchetti (Giasone),
Lorenzo Costa (Creonte), Fabio Fiori (ragazzo, guardia)
Musiche: Pino Cangialosi
Scene
e costumi: Clara Surro
Distribuzione: Pigrecodelta
This scene is a world of torment and suffering of a woman. This drama wins our hearts with its psychologism.
RispondiEliminaamore pieno di eccessi e senza limiti in questa
RispondiEliminaE se l'amore è forte, allora nei film https://filmstreaminghd.me/ su questo argomento, l'amore vince.
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